Apocalisse

LA III DOMENICA DI QUARESIMA – LA PRIMA DELLA STORIA DOPO IL CONCILIO SENZA FEDELI.

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Terza domenica di Quaresima – Anno A

Domenica 15 marzo 2020

Gesù e la samaritana al pozzo di Giacobbe

Commento di padre Antonio Rungi

Questa terza domenica di Quaresima passerà nella storia della fede cattolica dell’Italia come la prima domenica, dopo la seconda guerra mondiale, durante la quale le messe si celebrano a porte chiuse.

Ci viene in aiuto per comprendere meglio questo momento e questa nostra storia, proprio il vangelo di questa terza domenica di quaresima che porta alla nostra attenzione la significativa figura della samaritana al pozzo di Giacobbe, dove si reca per attingere l’acqua e dove, per una strana coincidenza del destino, incontra Gesù, con il quale intessa un dialogo tra i più belli della storia del cristianesimo e della storia dell’evoluzione le pensiero positivo verso una creatura, come una donna, uguale agli uomini in dignità ed onore.

L’evangelista Giovanni in questo testo così particolareggiato del dialogo tra Gesù e la Samaritana dà il meglio di se stesso di quella visione evangelica che spazia dal profondi del cuore e del pensiero di ogni persona per giungere ad una visione di fede a livello globale e coinvolgente di tutti gli animi umani e le persone della terra.

Basta leggere con attenzione tutto il brano e prestare ascolto a quanto dice il Signore alla donna che aveva avuto cinque mariti e in quel momento conviveva con una persona che non era suo marito, per capire la lezione della vita, che non riguarda la sola figura femminile, ma tutti i cristiani e gli uomini sensibili ad un discorso di rinnovamento, rigenerazione e conversione.

Partiamo dalla cronaca di questo fatto accaduto e di cui parla Giovanni nel suo Vangelo. E’ il primo atto di questa scena della vita di Cristo.

Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe”.

La descrizione del luogo è fatta con un precisione e dovizia di particolari. Siamo a Sicar nella Samaria presso il pozzo di Giacobbe, al quale le donne attingeva acqua per le necessità personali e familiari.

In questo posto Gesù vi giunge affaticato per il viaggio, oltre che assetato. Visto il pozzo come ogni essere umano si ferma e si riposa.

Tra le altre cose è detto anche l’orario preciso di questo arrivo e cioè era verso mezzogiorno.

Gesù voleva prendere l’acqua, ma non aveva oggetti per farlo. Normalmente era un secchio.

In quel momento di relax giunge una donna samaritana ad attingere acqua.  Una volta che la donna ha attinto l’acqua Gesù chiede a lei con carità «Dammi da bere».

Inizia così una relazione verbale, una vera e propria comunicazione interpersonale. Nel frattempo i discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Alla richiesta di Gesù, la donna risponde alquanto critica: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?».

A parte il fatto che era proibito parlare con le donne, qui viene precisato anche le motivazioni culturali e geografiche che erano alla base di quei conflitti o pregiudizi che esistevano. I Giudei allora non avevano rapporti con i Samaritani, possiamo dire che c’era un muro di divisione, un po’ come tanti altri muri alzati non solo in termini materiali, ma culturali e sociali tra un popolo ed un altro. A questa osservazione Gesù risponde con un discorso molto profondo da un punto di vista religioso e spirituale: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva».

Sulla espressione detta dal Signore, la donna ci scherza pure, e quasi quasi lo deride pure: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».

La lezione di Gesù su temi più alti che hanno attinenza con la salvezza, la grazia e quanto di buono egli è venuto a portare anche a quella donna è sintetizzata in queste bellissime parole: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

Di fronte ad un discorso di sicurezza per il futuro, anzi di alleggerimento della fatica corporale di andare ogni giorno ad attingere acqua, la donna dice a Gesù: «Signore dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua».

Gesù non replica alla richiesta, ma entra nella vita di quella donna che conosce da sempre come Figlio di Dio. Gesù le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». M la donna è sincera e dice «Io non ho marito». E Gesù apprezza questa sua sincerità «Hai detto bene: Io non ho marito. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».

A questo punto la donna comprendere esattamente con chi ha a fare e gli replica: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare».

E qui entra in gioco il Maestro Gesù che forma le coscienze, istruisce nella verità ed indirizza verso la comprensione di ciò che davvero conta davanti a Dio, nella nuova visione di fede che Cristo porta per tutti coloro che vogliono vivere secondo il cuore di Dio: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità».

A questo punto la donna interviene nel dialogo con Gesù e dimostra di avere anche lei un’adeguata conoscenza della sacra scrittura: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa».

A questo punto Gesù si svela completamente a questa donna e dice della sua identità, chi davvero Egli è «Sono io, che parlo con te quel Messia che tutti aspettano».

Il secondo atto di questa bellissima scena di vita cristiana ed ecclesiale è descritto da Giovanni facendo notare, che mentre Gesù sta parlando giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna”.

Però furono discreti e riservati, non si intromisero nel dialogo con Gesù. Lo pensaroro e per scriverlo, evidentemente, fu lo stesso Giovanni a pensarlo e condivuderlo con gli altri. Infatti nessuno dei discepoli ebbe il coraggio di chiedere a Gesù: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?».

Terzo atto di questa scena di umanità è la partenza della donna, l’arrivo in città a raccontare quanto le era accaduto. Arrivata in città si fa messaggera ed apostola del Cristo e disse loro: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?».

Quarto atto è la gente che corre verso Gesù. Infatti uscirono dalla città e andavano da lui. Nel frattempo gli apostoli che erano andati a comprare il necessario per alimentarsi dissero a Gesù «Rabbì, mangia». Ma Gesù rispose parlando di altro cibo, non quello materiale: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». Non capirono nulla in quel momento cosa Gesù volesse dire. Tanto è vero che fanno anche una battuta tra di loro «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?».

Gesù coglie l’occasione del mangiare per fare un discorso sul valore del cibo spirituale che consiste nel fare la volontà di colui che mi ha mandato e di compiere la sua opera. E nel suo ragionamento porta l’esempio della natura.

Ultima scena di questo quadretto di vita cittadina si svolge quando i Samaritani giunsero da lui e lo pregarono di rimanere da loro. E Gesù rimase là due giorni. Iniziarono le conversione al punto tale che molti samaritani credettero In Gesù per quel che diceva e non solo per quello che aveva riferito la donna, Infatti rivolgendosi alla donna, che non era uno stinco di santa, le fanno osservare che «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Dalla ignoranza di Cristo alla sua conoscenza e all’adesione completa alla sua persona, senza altre mediazioni. Sta qui la sintesi di tutto il vangelo della Samaritana che abbiamo ascoltato e commentato e che possiamo esprimere nella preghiera con queste parole della colletta: “Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno,

la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia.

Questa preghiera assume un valore più grande in considerazione del momento che stiamo attraversando con la nuova pandemia da coronavirus. Siamo nelle stesse condizioni del popolo di Israele di cui ci parla il testo del libro dell’Esodo, nella prima lettura di oggi “In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Quante critiche in questi giorni verso tutti per quello che sta succedendo in Italia. La lamentela generale, che rivolgiamo anche a Dio, senza renderci conto che siamo fragili creature che basta un virus infettivo a destabilizzare e rende inutili per quel che siamo. Ma non bisogna scoraggiarsi e come Mosè che chiede aiuto al cielo, anche noi facciamo qualcosa per salvare il popolo italiano. Stare con le mani in mano e solo lamentarsi non serve a nulla e certamente non risolvere questi ad altri problemi. Bisogna scuotere la roccia, la freddezza del nostro cuore e della nostra vita per far scaturire da noi l’amore che porta a salvare se stessi e gli altri. Ora più che mai sappiamo che non possiamo salvarci da soli, ma insieme agli altri.

La consapevolezza di tutto questo cin viene dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani, seconda lettura della parola di Dio di questa terza domenica di Quaresima. Ci ricorda, infatti, l’apostolo l’essenzialità delle tre virtù teologali, fede, speranza e carità, che ci aiutano a camminare nel tempo con lo sguardo rivolto al cielo e che trova la motivazione più profonda nel mistero della redenzione, operata da Cristo, offrendo la sua vita sulla croce per noi: Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”.

A Cristo salvatore e redentore vogliamo fare costantemente riferimento in questi giorni di tristezza, ma di speranza e di luce che vediamo aprirsi davanti a noi con la risurrezione e con la nostra risurrezione anche da questo ora buia della nostra storia di oggi.

SOLENNITA’ DELL’ASSUNTA 2017 – COMMENTO DI PADRE RUNGI CON PREGHIERA FINALE

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Solennità dell’Assunzione in cielo di Maria Santissima

15 Agosto 2017

Bella tu sei qual sole, bianca più della luna

Commento di padre Antonio Rungi

Un canto popolare che ben conosciamo ci fa tessere le lodi di Maria assunta alla gloria del cielo e prendendo spunto dal passo dell’Apocalisse di San Giovanni Apostolo fissa in alcuni versi chi è la nostra Madre celeste e come ci piace immaginarla nel santo paradiso, vicino al suo Figlio Gesù e vicino a tutti i figli redenti dal sangue preziosissimo di Cristo: Dell’aurora tu sorgi più bella coi tuoi raggi a far lieta la terra e fra gli astri che il cielo rinserra non v’è stella più bella di te. Bella tu sei qual sole bianca più della luna e le stelle più belle non son belle al par di te. T’incoronano dodici stelle, ai tuoi piedi hai l’ali del vento e la luna si curva d’argento; il tuo manto ha il colore del ciel. Col tuo corpo in Cielo assunta t’invochiamo devoti e festanti, la regina degli Angeli e Santi, la gran Madre di Cristo Gesù”. Con queste particolari e specifiche strofe del canto mariano popolare mi piace iniziare questa riflessione in occasione dell’annuale solennità di Maria Assunta in cielo, che è tra le più importanti che la cristianità dai primi secoli dedica alla Madre del Signore e quindi è quella che maggiormente è stata celebrata con particolare cura e devozione. E non solo da un punto di vista liturgico, ma anche artistico e associativo. Con la proclamazione del dogma, il 1 novembre 1950, Pio XII veniva a confermare anche nel dato dottrinale il culto all’Assunta vissuto nella liturgia dal popolo cristiano. In questo caso davvero il senso comune della fede, la religiosità popolare ha anticipato di secoli quello che poi è stato dichiarato un dogma di fede, con il quale professiamo che Maria è stata assunta in cielo in corpo e anima e quindi non ha sperimentato la morte, ma i meriti del Cristo suo Figlio: è stata assunta dalla potenza di Dio alla gloria dei cieli. In questi nostri tempi in cui la cultura della festa si è trasformata in qualcosa di assolutamente esteriore, questa giornata si colloca nel cuore dell’estate ed è un forte richiamo ai valori soprannaturali e spirituali. Con la Vergine Maria noi vogliamo sperimentare giorno per giorno quanto sia importante vivere completamente di Dio ed attendere il momento del nostro passaggio all’eternità come qualcosa di positivo, senza angoscia o preoccupazione del buio e del nulla dopo la morte. Questa è da considerarsi davvero come un addormentarsi in Cristo per essere accolti, ce lo auguriamo tutti, subito nella gloria del suo Regno, ben sapendo che anche i nostri corpi mortali risorgeranno alla fine dei tempi per un’eternità beata. Per Maria questo è stato possibile, in quanto per singolare privilegio, preservata dal peccato originale, non ha potuto essere soggetta alla morte, in quanto Dio stesso l’ha voluta tutta per sé dall’eternità e una volta concluso il cammino terreno nella sua realtà di composto umano costituito dall’anima e dal corpo. Ecco perché all’inizio della celebrazione della santa messa del giorno dell’Assunta noi preghiamo con tutta la chiesa con queste espressioni di grande apertura alla speranza. E Maria Stella della Speranza, come l’ha definita il Santo Padre Benedetto XVI nella sua Enciclica, Spe Salvi, è certamente la Maestra di vita spirituale da cui vogliamo apprendere il linguaggio dell’amore, della verità, della bontà e dell’eternità. Dio onnipotente ed eterno, che hai innalzato alla gloria del cielo in corpo e anima l’immacolata Vergine Maria, madre di Cristo tuo Figlio, fa’ che viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni, per condividere la sua stessa gloria.

La parola di Dio ci aiuta ad introdurci in modo responsabile e pieno alla solennità di oggi, che ha un forte richiamo all’essenza stessa della vita cristiana.

Dalla prima lettura tratta dall’Apocalisse di san Giovanni apostolo, come tutti i grandi esegeti, teologi e biblisti riferiscono questo brano alla figura di Maria: questa donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, un corona di dodici stelle, noi vediamo la Vergine Santissima assunta alla gloria del paradiso. Ed è un consolante segno per il popolo pellegrino sulla terra, perché dove è giunta lei possiamo, con la nostra risposta di fede, giungere anche noi.

Il Vangelo di Luca ci riporta alla realtà storica di Maria che fa visita alla sua cugina Elisabetta. Una Maria operativa, concreta, fattiva, vicino ai bisogni degli altri, modello di attenzione verso chi ha più bisogno, tabernacolo dell’altissimo che reca agli altri il suo Figlio, concepito in Lei per opera dello Spirito Santo e portato nel suo grembo verginale. Lo stile di vita di una donna che, per quanto preservata dal peccato originale e purissima in ogni suo comportamento è gesto, era una donna libera, perché la libertà vera è quella che si esercita per il bene, e quindi una donna che ci invita costruire la nostra felicità futura e presente lavorando seriamente per la nostra personale santificazione, con concreti gesti di amore, con il ringraziamento e la lode a Dio, con il riconoscerci umili e servi del Signore, con l’abbattere nella nostra vita tutte quelle forme ed espressioni di orgoglio che non possono aiutarci a dialogare in profondità con Dio e con la Vergine Maria.

Il Magnificat, inno mariano per eccellenza, costituisca la nostra personale preghiera nelle varie circostanze della vita non solo per rivolgerci alla Madonna per la preghiera del vespro quotidiano, ma anche per riflettere continuamente su questo brano del vangelo e trarre da esso la forza necessaria per vivere nella legge di Dio e nella carità verso il prossimo.

San Paolo apostolo, giustamente, nella sua riflessione sul mistero della risurrezione di Cristo e, indirettamente sull’Assunzione della Madonna al cielo, usa nei confronti dei cristiani di Corinto espressioni di portata teologica unica, in quanto ci dice esattamente ciò che succederà alla fine dei tempi, leggendo il tutto nel mistero del Cristo risorto. Le cose che verranno sono state descritte in questo testo, ma il giudizio universale, a cui fa riferimento l’Apostolo delle Genti, al secondo e definitivo avvento di Cristo sarà quello conclusivo in quanto il dolore e la morte saranno vinti per sempre, essendo la morte non solo quella fisica, ma quella spirituale ed interiore dell’uomo il vero nemico di Cristo, in quanto Lui vuole che tutti gli uomini si salvino nella sua morte e risurrezione. Egli è il primo di tutti i fratelli che nella fede e nella verità e bontà lo seguiranno nell’eternità. Maria in questa eternità per espresso volere e disegno di Dio c’è tutta interamente.

Per cui rallegriamoci tutti nel Signore, in questa solennità della Vergine Maria e con questa mia preghiera ci affidiamo a lei lungo tutto il cammino della nostra esistenza.

<<O Maria, Madre della gloria e della gioia, 

che oggi ti contempliamo tra i cori festanti degli Angeli e dei Santi, 

guida il nostro cammino, difficile e tortuoso, 

in questa valle di lacrime, perché nessuno dei tuoi figli, 

redenti dal sangue preziosissimo di Gesù, 

possa sentirsi abbandonato, umiliato, offeso nella sua dignità umana, 

nel nostro essere figli nel tuo Figlio, 

amati da un immenso cuore di Mamma 

che vigilia e protegge dal cielo ogni uomo di questa terra. 

Stendi la tua mano benedicente 

su quanti lottano per un mondo nuovo, 

in cui la giustizia e la pace 

possano trovare accoglienza a livello globale 

e nessun essere umano venga offeso, disprezzato e deriso, 

perché anch’essi destinati alla risurrezione finale, nel giudizio universale. 

Madre Santissima, prega ogni momento per noi 

che siamo nella prova e nell’attesa di tempi migliori” Amen.

COMMENTO ALLA TERZA DOMENICA DI PASQUA – 10 APRILE 2016

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III DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)
DOMENICA 10 APRILE 2016 

Nella rete della misericordia di Dio 

Commento di padre Antonio Rungi 

La terza domenica di Pasqua ci presenta Gesù che appare agli apostoli e li aiuta nel lavoro di pescatori. Da una notte senza aver pescato nulla, ad una pesca in pieno giorno in cui prendono tutto, raccolgono ogni tipo di pesce, piccoli e grandi, una raccolta straordinaria. E’ l’immagine di questo giubileo della misericordia, durante il quale il Signore Gesù, attraverso l’opera della sua Chiesa, intende raccogliere nella rete del suo amore misericordioso tutti i suoi figli. Quelli che vivono nella grazia e quanti sono lontani da una vita di preghiera e sacramentale. Il miracolo della pesca abbondante che Gesù permette di fare agli apostoli dopo una notte di lavoro senza aver raccolto nulla ci indica la strada di come lavorare nel campo dell’apostolato. Solo con Gesù e in ascolto della sua parola, nel mettere in pratica i suoi insegnamenti possiamo riavvicinarci a Lui e portare a Lui chi naviga in mari pericolosi, smarrito tra tanti rischi della vita di tutti i giorni, quando non si è in sintonia con il vangelo dell’amore e della misericordia. Gesù, agli apostoli, dopo aver dato il conforto di una pesca eccezionale, vuole condividere con loro la gioia dello stare insieme. E’ la chiesa della risurrezione che intorno al suo maestro si accosta al cibo eucaristico, dal quale trae la forza e il coraggio per testimoniare e vivere il vero amore nel mondo. Non a caso dopo la pesca miracolosa Gesù si rivolge a Pietro in prima persona e gli pone una delle domande alle quali o si risponde con sincerità oppure tutto diventa farsa, menzogna e fariseismo. Dalla risposta cosciente e convinta alla richiesta di un amore sincero, scaturisce la sequela di Cristo e le conseguenze di tale scelta totale di Cristo. Il dialogo tra Gesù e Pietro è tra i quelli che toccano le corde più profonde di un Dio, che è Gesù, e di un essere umano, Pietro:Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi». Questa domanda il Signore, oggi, la rivolge a ciascuno di noi. In che misura possiamo dire come Pietro: Signore, tu sai che io ti amo e sei tutta la mia vita? Certo nella misura in cui ogni giorno ci immergiamo in questo amore, mediante la preghiera, la partecipazione alla messa, alla comunione, nell’ascolto della sua parola, nella pratica della giustizia, nella lotta per la verità, nella difesa degli ultimi, questo amore cresce in noi e diventa autentico. La risposta che Cristo ci chiede se ci vogliamo porre alla sua sequela è quella di una amore completo che si fa servizio ed oblazione e che investe tutta la vita, fino al mistero più paradassale della morte in croce alla quale allude Gesù nella parte finale del dialogo con Simon Pietro. Tu Maestro ci hai insegnato ad amare e fa che questo amore sia ogni giorno più forte e potente per combattere le forze dell’odio e della morte che si presenti in questo nostro tempo. Bisogna avere il coraggio e la fede dei primi apostoli e dei primi cristiani di Gerusalemme che, nonostante la persecuzione, le proibizioni dei politici del tempo, vanno avanti per la loro strada nel parlare di Cristo e nell’annunciare la sua misericordia. Il coraggio dei martiri, dei perseguitati per la fede è quello che oggi la chiesa necessita. E’ vero che anche oggi tanti sono i cristiani, nel mondo, che testimoniano la fede fino alla morte. Anche in questi ultimi mesi, da ogni angolo della terra, i crimini contro i cristiani si rinnovano, senza che alcuno alzi la voce a loro protezione e difesa, tranne quella del Papa, dei Vescovi, dei sacerdoti e di quanti sperimentano l’emarginazione in questo nostro terribile momento storico.In quei giorni, il sommo sacerdote interrogò gli apostoli dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo».  Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce. Dio lo ha innalzato alla sua destra come capo e salvatore, per dare a Israele conversione e perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a quelli che gli obbediscono». Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.Una riflessione conclusiva su quanto ci raccontano e ci insegnano i due testi biblici che abbiamo ascoltato e commentato in questa terza domenica di Pasqua la troviamo nel brano della seconda lettura di oggi, tratto dall’Apocalisse. In questa meravigliosa visione dell’apostolo Giovanni, è la sintesi della nostra fede, del nostro cammino nella storia e della meta ultima del nostro pellegrinaggio verso l’eternità: “Io, Giovanni, vidi, e udii voci di molti angeli attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano a gran voce: «L’Agnello, che è stato immolato, è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione». Tutte le creature nel cielo e sulla terra, sotto terra e nel mare, e tutti gli esseri che vi si trovavano, udii che dicevano: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli». E i quattro esseri viventi dicevano: «Amen». E gli anziani si prostrarono in adorazione.

Vogliamo metterci in adorazione del Risorto in questo tempo di Pasqua e noi sappiamo benissimo che il Risorto è presente in corpo, sangue ed anima nella santissima eucaristia. Il tempo di Pasqua sia il tempo di un’adorazione perpetua al Cristo, volto misericordioso del Padre. Lasciamoci prendere nella rete del suo amore e lasciamoci catturare dal suo volto luminoso, glorioso, che è la nostra vera gioia.

Sia questa la nostra umile preghiera: Padre misericordioso, accresci in noi la luce della fede, perché nei segni sacramentali della Chiesa riconosciamo il tuo Figlio, che continua a manifestarsi ai suoi discepoli, e donaci il tuo Spirito, per proclamare davanti a tutti che Gesù è il Signore. Amen.

COMMENTO ALLA SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI – 1 NOVEMBRE 2015

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SOLENNITA’ DI TUTTI I SANTI

1 NOVEMBRE 2015

 

Il Paradiso è per tutti

 

Commento di padre Antonio Rungi

 

La liturgia di questa domenica XXXI del tempo ordinario coincide con la solennità di Tutti i Santi, che prevale sulla Domenica. La parola di Dio ha quindi attinenza con questa solennità e ci proponi testi riguardanti il mistero dell’eternità, quella della Gerusalemme celeste, quel mistero del Paradiso, dove tutti siamo diretti e dove c’è un posto riservato per tutti. Possiamo ben dire che il Paradiso è per tutti e che nessuno è escluso, pregiudizialmente, da questo luogo di felicità per tutta l’eternità, nel quale la felicità e la gioia per sempre è contemplare in eterno la santissima Trinità e vivere una relazione d’amore senza limiti e senza confini di tempo e di materia. In questo giorno, come recita l’Antifona d’ingresso della santa messa, siamo chiamati a rallegrarci tutti nel Signore e con noi gioiscono gli angeli
e lodano il Figlio di Dio. La gioia del Paradiso deve pervadere la mostra mente e il nostro cuore, anche se lo vediamo distante da noi, sia perché siamo ancora in cammino e pellegrini verso l’eternità e sia perché dobbiamo lavorare spiritualmente tanto per guadagnarci quel posto a noi riservato e che Gesù ci ha promesso, nel momento in cui lasciava questo mondo, ascendendo al cielo, ove è assiso alla destra del Padre ed attende l’arrivo in esso dell’intera umanità. Sperimentare la gioia in questo giorno, significa pure fare nostra la preghiera iniziale della celebrazione eucaristica della solennità di Tutti i santi, nella quale ci rivolgiamo a Dio onnipotente ed eterno, affinché per la comune intercessione di tutti nostri fratelli, possiamo ottenere l’abbondanza della sua misericordia. I santi, quelli noti o quelli sconosciuti ci indicano la strada per raggiungere la vera felicità oltre i confini del tempo e dello spazio. I santi del Paradiso non sono pochi, sono tantissimi, rientrano tra quelli di una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua”, di cui parla l’Apostolo Giovanni nel brano della prima lettura di oggi, tratta dall’Apocalisse e che il discepolo di Gesù ebbe modo di contemplare in una visione, che poi ha descritto con precisione nel Libro ultimo della Bibbia. Cosa facevano e fanno questi santi in Paradiso? lo descrive sempre Giovanni nel brano dell’Apocalisse: “Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Chi sono i santi e quali santi Giovanni ha visto nella sua visione apocalittica? Seguiamo la descrizione che ce ne fa il testo della lettura di oggi, parlando di santi vestiti di bianco: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello». Con una descrizione precisa, possiamo capire dal testo che si tratta dei martiri e di quanti hanno confessato la fede in Gesù Cristo. In poche parole sono tutti coloro che hanno vissuto e sono morti nella piena comunione con Cristo e con la Chiesa, che hanno conservato la fede e si sono purificati nel sangue di Cristo, riconoscendo i propri peccati e convertendosi ad una vita santa. Sono in poche parole tutti coloro che si sono sforzati di vivere nella fede, nella speranza e nella carità, come ci ricorda la seconda lettura di oggi, tratta dalla prima lettera di san Giovanni apostolo, nella quale Giovanni, mediante le quali virtù noi possiamo classificarci come
 figli di Dio, su questa terra, in attesa di ciò che saremo nell’eternità. Cosa che potremmo averne piena coscienza e consapevolezza “quando Dio si sarà manifestato” e allora “noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è”. La santità non è facile da conquistare, anche se è accessibile a tutti. Basta entrare nella dinamica delle Beatitudini di cui parla Gesù nel suo celebre discorso della Montagna, durante il quale proclama, beati e quindi santi, fin da questo mondo i poveri, quelli che piangono, i miti, quelli che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace,  i perseguitati per la giustizia, quanti vengono insultati, perseguitati, calunniati a causa del vangelo. Santi di tutti i giorni, della quotidianità e che fanno parte della nostra vita e che sono stati a fianco a noi e ci hanno testimoniato quanto sia stato grande l’amore di Dio in loro a punto tale da considerare spazzatura ogni cosa che non fosse nell’orizzonte del divino e dell’eterno. A tutti i santi, conosciuti e venerati e a tutti i cittadini del cielo, che contemplano il volto di Dio in eterno, a loro che già godono della tua vita immortale, chiediamo di proteggerci nel cammino verso Paradiso, dove è ad attenderci la Madonna, Regina degli Angeli e dei Santi che ci presenterà al cospetto di Dio, per cantare in eterno le lodi di Colui che è tre volte Santo, il Dio altissimo e onnipotente, che è Padre, è Figlio e Spirito Santo, Dio eterno e sorgente di amore e misericordia infinità, di felicità e pace per l’eternità per tutto il genere umano.

A tutti loro ci rivolgiamo con questa umile preghiera:

 

SANTI TUTTI DEL PARADISO,

VENITE IN NOSTRO AIUTO E SOCCORSO

E SIATE LE NOSTRE SPIRITUALI COMPAGNIE.

 

SIATE NOSTRE GUIDE E FARI DI VITA CRISTIANA

E DI SPIRITUALITA’ ELEVATA

IN MODO DA IMMETTERCI ALACREMENTE

SULLA VOSTRA STRADA CHE PORTA ALL’ETERNITA’.

 

DAL CIELO OVE GODETE DELLA VISIONE BEATIFICA DI DIO

NON DIMENTICATE LE SOFFERENZE DEGLI ESSERI VIVENTI,

AFLLITTI DA TANTI MALI E DEFICIENZE.

 

PROTEGGETECI NELLE AVVERSITA’,

ILLUMINATECI NELLA CONFUSIONE GENERALE,

PRENDETECI PER MANO

E CONDUCETECI AI PASCOLI

DELLA GIOIA E DELLA FELICITA’ ETERNA.

 

NEL PARADISO OVE ORA SIETE,

VOLGETE LO SGUARDO SU QUANTI

HANNO FAME E SETE DI VERITA’,

SUI POVERI E GLI AMMALATI,

SUI I PICCOLI E GRANDI DI QUESTA UMANITA’,

PERCHE’ POSSANO TUTTI RITROVARE LA PACE E LA SERENITA’

 

CON LA VOSTRA POTENTE INTERCESSIONE,

PRESSO IL TRONO DELL’ALTISSIMO,

INSIEME  ALLA NOSTRA MADRE SANTISSIMA, LA VERGINE MARIA,

OTTENETECI DAL SIGNORE TUTTE LE GRAZIE

CHE IN QUESTO MOMENTO VI RAPPRESENTIAMO

NELLA NOSTRA DEBOLEZZA UMANA,

MA CONFIDANDO PIENAMENTE NELLA VOSTRA PROTEZIONE CELESTE.

 

FATE SI’ CHE OGNUNO DI NOI

POSSA UN GIORNO INCONTRARE IL VOLTO DEL SIGNORE

E INSIEME CON VOI CANTARE IN ETERNO

L’IMMENSO AMORE DELL’ONNIPOTENTE.

AMEN.

 

(Preghiera composta da padre Antonio Rungi)

Commento alla liturgia del Corpus Domini 2014

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Solennità del Corpo e Sangue del Signore

Dacci sempre il tuo corpo e il tuo Sangue, Gesù

padre Antonio Rungi

In questa domenica in cui celebriamo la solennità del Corpo e Sangue di Gesù il mio primo pensiero va a quanti questo corpo e questo sangue, sacramento della presenza reale e divina di Gesù, non possono riceverlo e per tanti sacerdoti che non possono e non hanno potuto celebrarlo nel corso dei millenni, da quel giovedì santo, durante l’ultima cena, in cui Gesù istituiva l’eucaristia e il sacerdozio per essere più vicino a noi con le specie del pace e del vino. Penso a quanti non lo possono ricevere e soffrono per questo e penso, in secondo luogo, a quanti lo possono ricevere e non sentono il bisogno di farlo, dai più piccoli ai più grandi, dai bambini della prima comunione che anche quest’anno 2014, nei giorni scorsi ed oggi in particolare si accosteranno per la prima volta al Santissimo Sacramento dell’Altare. Penso agli ammalati in ospedale o nelle case in cui difficilmente arriva il ministro dell’eucaristia o il ministro straordinario della comunione per portare a quanti soffrono il viatico della gioia del cuore, che è Cristo Signore. Penso a quanti si sono fatti santi mettendo al centro della loro vita la messa, l’eucaristia e l’adorazione eucaristica, la partecipazione al culto eucaristico dentro e fuori la celebrazione della messa. I santi religiosi, sacerdoti, vescovi e papi, i tantissimi fedeli laici che hanno alimentato la loro esistenza alla fonte inesauribile della grazia eucaristica. Ecco, oggi festeggiare il Corpus Domini, non è solo replicare le abitudini quotidiane o settimanali della partecipazione alla messa e alla santa comunione, molte volte senza fervore e senza zelo, ma è essenzialmente immergersi in questo mistero della fede, mediante il quale annunciamo la morte del Signore, proclamiamo la sua risurrezione, nell’attesa della sua venuta. L’eucaristia ci immerge in questo mistero del già e del non ancora. La certezza della vita e della risurrezione e la speranza della salvezza eterna e definitiva. Noi nell’eucaristia anticipiamo tutto questo. Ecco perché è chiamata in tanti modi: sacrificio, mensa, banchetto nuziale, cena, frazione del pace, comunione ed altri termini teologici, elaborati dalla riflessione dei santi e del magistero che si sono concentrati sull’eucaristia e sulla messa, memoriale della pasqua del Signore.

La liturgia della parola che oggi ascoltiamo e sulla quale siamo invitati a meditare e riflettere per vivere questa giornata di gioia con lo spirito giusto e con il cuore libero da ogni altra preoccupazione che non sia quello di dare lode a Dio, ci aiuta proprio in questo cammino eucaristico che ci spinge quasi naturalmente verso la santità, che è la meta più alta alla quale possiamo aspirare. Lo facciamo con la preghiera della sequenza che oggi tutta l’assemblea convocata per la santa messa, recita prima della proclamazione del vangelo:Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non dev’essere gettato. Con i simboli è annunziato,  in Isacco dato a morte, nell’agnello della Pasqua, nella manna data ai padri. Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi.

In questa speciale preghiera eucaristica vogliamo soffermarci su questa espressione: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni. E’ l’essenza stessa dell’eucaristia. In essa Gesù si fa nostro cibo e nostra bevanda per nutrirci e difenderci dagli assalti del male e del peccato.

Come nella vita fisica,  senza il necessario, adeguato e specifico nutrimento si abbassano le difese immunitarie, così nella vita spirituale senza l’eucaristia si abbassano i livelli di spiritualità e moralità e la vita di un vero cristiano si riduce a vita materiale, spesso vissuta anche rettamente, ma non certamente contrassegnata da questo rapporto continuo e sacramentale con Cristo che proprio l’eucaristia ci offre.

Con Cristo in noi, tutto possiamo realizzare dei nostri sogni più veri e delle nostre aspettative più certe. Nell’eucaristia, infatti, la nostra vita si trasforma continuamente in Cristo, vive e rivive la vita di Cristo non solo nel momento in cui riceve il corpo del Signore, ma perché quel corpo donato e quel sangue versato sulla Croce per noi ci redime continuamente da ogni colpa, ci rivitalizza sempre.

Perciò i cristiani, i martiri dei primi secoli pur di celebrare l’eucaristia, non temevano di andare a morire per questo valore. Le catacombe erano i luoghi speciali di preghiera, ma soprattutto i luoghi per fare memoria del Signore, facendo tesoro quel comando che Cristo aveva dato loro nell’ultima cena: Fate questo ogni memoria di me.San Paolo  Apostolo nel brano della prima lettera ai Corinzi, ci rammenta, infatti, cosa in effetti produce in noi l’eucaristia: “ Fratelli, il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane”. E’ la dimensione ecclesiale dell’eucaristia. E sappiamo bene come il magistero della chiesa, dopo il Concilio Vaticano II, specialmente con San Giovanni Paolo II, abbia voluto accentuare la dimensione ecclesiale dell’eucaristia, in quanto non c’è chiesa senza eucaristia e non c’è eucaristia se non nella chiesa, cioè nella comunione. Possiamo comprendere questa dimensione alla luce del discorso di Gesù sul pane della vita, come ci viene testualmente riportato dall’evangelista Giovanni, nel brano di oggi: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Ed aggiunge: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda>>. Pane per la vita del mondo è questa l’eucaristia. E questa la solennità del Corpus Domini che ci accingiamo a vivere con un cuore rinnovato dall’amore e dall’ardore eucaristico. Facciamo accendere dentro di noi questa fiamma che possa guidare i nostri gesti quotidiani, quando l’eucaristia dalla celebrazione, passa ad essere solo e soltanto diaconia e servizio. Non c’è chiesa eucaristica se non si fa serva per amore sull’esempio del proprio Maestro e Signore. Ecco che con grande gioia nel cuore possiamo oggi pregare così con tutta la chiesa sparsa nel mondo e che si ritrova particolarmente in questo giorno intorno alla sorgente della sua carità e del suo amore per l’umanità: “Dio fedele, che nutri il tuo popolo con amore di Padre, ravviva in noi il desiderio di te, fonte inesauribile di ogni bene: fa’ che, sostenuti dal sacramento del Corpo e Sangue di Cristo, compiamo il viaggio della nostra vita, fino ad entrare nella gioia dei santi, tuoi convitati alla mensa del regno”. Amen.

Un Dio che è solo Amore. Commento alla liturgia della SS.Trinità.

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DOMENICA DELLA SS.TRINITA’ – 15 GIUGNO 2014

 UN DIO SOLO ED ESCLUSIVAMENTE AMORE 

di padre Antonio Rungi 

Oggi che celebriamo la festa della SS.Trinità ci viene da domandare come è Dio in se stesso, dal momento che Gesù ce lo ha rivelato come Uno e Trino, come Padre, Figlio e Spirito Santo. Come è in se stesso Dio è facile capirlo dalle parole stesse di Gesù e dalla vita del Cristo, Figlio di Dio, venuto sulla terra per salvare l’umanità dal peccato e dalla perdizione eterna. E’ un Dio amore e solo amore. L’attributo, anzi la natura stessa di Dio è quella dell’amore. Capire questo e approfondirlo a livello personale in una giornata di festa come è quella odierna, la domenica della SS.Trinità, significa fare esperienza di amore. Perché uno dei doveri fondamentali di un cristiano è quello di conoscere, amare e servire Dio. Non c’è amore senza conoscenza e non c’è conoscenza senza amore. E di conseguenza l’amore e la conoscenza ti porta a servire l’amore conosciuto. Chi ama si fa servo e Dio che ama, perché è amore, si è fatto nostro servo ed ha donato la sua vita per noi, solo ed esclusivamente per amore. Ricordiamo, infatti, nel breve brano del Vangelo di oggi, tratto da San Giovanni, che  «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio». La chiave di lettura di questo grande ed insondabile mistero della nostra fede, sta proprio nel comprendere l’amore di Dio e immergersi in questo amore, con una vita fatta di amore. La santissima Trinità è modello di amore per ogni gruppo ed istituzione ecclesiale e sociale, a partire dalla chiesa, la famiglia di Dio, per poi arrivare alla famiglia naturale, alle famiglie religiose e di consacrati, alla famiglia umana più in generale. Tutti siamo chiamati a vivere nell’amore trinitario e ad esprimere questo amore nella vita di tutti i giorni. Mi preme citare per intero il numero uno dell’Enciclica di Papa Benedetto XVI, Deus caritas est, in cui il Papa emerito, fa una sintesi del mistero di Dio amore che ha il suo risvolto sulle persone e sul mondo di oggi. Scrive, infatti, Papa Benedetto: 1. « Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui » (1 Gv 4, 16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare chiarezza il centro della fede cristiana: l’immagine cristiana di Dio e anche la conseguente immagine dell’uomo e del suo cammino. Inoltre, in questo stesso versetto, Giovanni ci offre per così dire una formula sintetica dell’esistenza cristiana: « Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto ». Abbiamo creduto all’amore di Dio — così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Nel suo Vangelo Giovanni aveva espresso quest’avvenimento con le seguenti parole: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui … abbia la vita eterna » (3, 16). Con la centralità dell’amore, la fede cristiana ha accolto quello che era il nucleo della fede d’Israele e al contempo ha dato a questo nucleo una nuova profondità e ampiezza. L’Israelita credente, infatti, prega ogni giorno con le parole del Libro del Deuteronomio, nelle quali egli sa che è racchiuso il centro della sua esistenza: « Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze » (6, 4-5). Gesù ha unito, facendone un unico precetto, il comandamento dell’amore di Dio con quello dell’amore del prossimo, contenuto nel Libro del Levitico: « Amerai il tuo prossimo come te stesso » (19, 18; cfr Mc 12, 29-31). Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4, 10), l’amore adesso non è più solo un « comandamento », ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro. In un mondo in cui al nome di Dio viene a volte collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza, questo è un messaggio di grande attualità e di significato molto concreto. Per questo nella mia prima Enciclica desidero parlare dell’amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi deve essere comunicato agli altri”. Sono parole che interpretano in modo coerente anche quella che era la convinzione presso il saggio israelita e che noi troviamo espresso anche nel brano della prima lettura di oggi, tratta dall’Esodo e che nella sua brevità e nei suoi contenuti scarni è tutto un progetto di vita spirituale, di sana dottrina teologica e di forte accento catechetico, che ci dice chi sia Dio e come agisce nei confronti degli uomini: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà». Dio è ricco di amore. Chi ama, perdona, non si altera, ma tutto sopporta ed accetta. Questo amore grande è misericordioso, che accetta tutto fino a subire il patibolo della Croce, è proprio Gesù, il Figlio di Dio venuto sulla terra per portare amore e pace tra gli uomini. Ce lo ricorda, l’apostolo Paolo nel breve brano della seconda lettura di oggi, incentrato sul tema dell’amore, che porta la gioia e dona la vera vita alle persone. Senza amore si muove, si spegne il cuore dell’uomo, con l’amore, ovvero con Dio, tutta la vita rivive e rifiorisce, perché è vita di gioia: “Fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi a vicenda con il bacio santo. Tutti i santi vi salutano. La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”. Se, nonostante i tanti anni di vita cristiana, finora vissuti, non ancora abbiamo capito chi è Dio e come va inteso e vissuto nella vita di tutti i giorni il mistero della SS.Trinità, significa che abbiamo avuto poca dimestichezza spirituale ed interiore di questo mistero di amore e donazione. Unità e Trinità di Dio sono il cardine della vita spirituale di ogni cristiano, perché è nella Trinità che tutto si realizza e si porta a compimento, in quanto Dio è il principio e il termine di ogni cosa. Sia questa la nostra preghiera comunitaria oggi, mentre in varie parti d’Italia e del Mondo, la festa della SS.Trinità è celebrata con particolare gioia, ma anche con grande senso di penitenza, rinnovamento e conversione della propria vita al Signore: “Padre, fedele e misericordioso, che ci hai rivelato il mistero della tua vita donandoci il Figlio unigenito e lo Spirito di amore, sostieni la nostra fede e ispiraci sentimenti di pace e di speranza, perché riuniti nella comunione della tua Chiesa benediciamo il tuo nome glorioso e santo”. Amen.

 

 

PREGHIERA AI NOVELLI SANTI, GIOVANNI XXIII E GIOVANNI PAOLO II

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PREGHIERA AI DUE NUOVI SANTI 

Signore Gesù, che hai chiamato a così alto grado di santità,

Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, Papi,

pastori universali della Chiesa da te istituita

e affidata alla guida di Pietro,

primo Papa della storia del Cristianesimo,

ti chiediamo, umilmente,

per intercessione di questi tuoi figli eletti della Chiesa,

elevati oggi agli onori degli altari,

in questa speciale giornata di grazia

e benedizione dall’alto,

di camminare, anche noi, sui sentieri di quella santità,

fatta di umiltà, bontà e sacrificio,

che ha caratterizzato la vita di questi

tuoi speciali discepoli e figli amatissimi.

 

Signore, per intercessione

di San Giovanni XXIII
e San Giovanni Paolo II,

ti chiediamo di difendere la chiesa

dagli assalti del maligno,

che si insinua nella vita anche dei tuoi figli prediletti

che tu hai scelti per guidare il tuo popolo santo,

nella storia di questo secolo, appena iniziato,

afflitto da tanti mali ed insofferenze di ogni genere.

 

Fa o Signore che sull’esempio di questi santi pastori,

i vescovi, i sacerdoti, le anime consacrate e i fedeli laici

possano vivere in totale fedeltà

la chiamata alla santità,

senza dubbi, incertezze

e sicuri nel dono della fede,

forti nel dono della speranza,

dinamici con dono della carità.

 

Signore, pastore supremo delle anime nostre,

mediante l’intercessione dei novelli santi papi,

nessuna pecorella smarrita, continui a vagare nel dubbio e nella solitudine,

ma tutte possano ritrovare la strada del ritorno

e ritrovarsi  insieme intorno alla tavola della divina misericordia.

 

A Te Signore del tempo e della storia,

che ci hai donato due grandi e santi pastori

in Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II,

degni discepoli di Maria, Madre di Cristo e della Chiesa,

sia lode onore e gloria,

per tutti i secoli dei secoli.

Amen 

(Padre Antonio Rungi, passionista)

Mondragone (Ce). Marcia della vita per difendere il territorio dagli inquinamenti di ogni genere

spiaggia%20mondragone.jpgLe province di Napoli e Caserta sono ormai da tutti riconosciute le due province italiane a maggiore tasso di inquinamento ambientale con le ben note conseguenze dell’aumento vertiginoso dei tumori di ogni gente. Sono migliaia le persone che ogni anno in queste province della Campania muoiono, dopo sofferenze indicibili per mali incurabili, molti dei quali conseguenti all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e soprattutto del terreno, dove sono stati depositati negli anni passati tonnellate di rifiuti tossici. Dopo anni di silenzio e di omertà, la gente avverte forte la necessità non solo della protesta contro la violazione del territorio casertano, una volta considerata terra felix ed ora invece terra di infelicità per la diffusione di terribili mali che stanno compendo i bambini e i giovani. Dal primo di ottobre è partita una carovana o se si preferisce una catena di protesta per chiedere la verità sulla situazione della provincia di Caserta e quella di Napoli circa l’inquinamento delle terre, al fine di poter bonificare quelle aree dove maggiori sono stati concentrati i rifiuti tossici di ogni tipologia. Territori ove oltre alle discariche ben note  e per nulla bonificate stanno emergendo depositi tossiti soprattutto nell’area cosiddetta dei mazzoni. Diossina, rifiuti industriali provenienti da ogni parte d’Italia sono stati sotterrati in varie zone della Campania causando un disastro ambientale ed ecologico infinito, con effetti devastanti sulla salute dei cittadini. In questa opera di risveglio delle coscienze ci sono sacerdoti, laici, associazioni di volontariato cattolico e laico se vogliono evidenziare senza misure il dramma che le popolazioni dell’area napoletana e casertana stanno vivendo tra il silenzio generale, anche delle stesse istituzioni preposte alla salute dei cittadini. E’ ormai autunno infuocato nella cosiddetta “Terra dei fuochi e dei veleni”, perché continuano ad accendersi roghi e l’inquinamento atmosferico va peggiorando di giorno in giorno. Il  4 Ottobre, c’è stata la “Marcia per la vita”,  da Orta di Atella sino all’arrivo presso il Santuario della Madonna di Campiglione di Caivano, guidata dal battagliero parroco del parco Verde di Caivano (Na) don Maurizio Patriciello che ha esortato i cittadini con questo slogan: “Cammineremo uniti. Per farci forza. Per non rimanere soli”. Il 5 Ottobre è stata la volta di Marano, in provincia di Napoli, con una giornata organizzata dal Collettivo studentesco locale e dal Comitato No Inceneritore di Giugliano. Domenica scorsa, 6 Ottobre,  c’ è stato un sit in in piazza Carlo III a Caserta, in cui il  comitato del capoluogo ha incontrato i membri dei comitati per discutere su nuove iniziative da portare avanti. L’8 Ottobre, l’atteso corteo regionale, organizzato dal Comitato No Inceneritore di Giugliano, che sfilerà da Aversa, appuntamento alla stazione alle 15.30, e giungerà a Giugliano, in piazza Annunziata. Il 12 Ottobre ci sarà un presidio all’esterno della Ex-Pozzi di Sparanise, nei territori individuati per la realizzazione della centrale a biomasse. I comitati locali invitano alla partecipazione di massa in un’area già pesantemente compromessa che ha distrutto l’agricoltura. Molto attesa c’è per Domenica 13 ottobre, a Mondragone per la marcia a difesa della vita, organizzata dai comitati locali con partenza alle 9 da piazza Conte. Infine, sabato 26 ottobre, ci sarà a Calvi Risorta, un corteo organizzato e diretto dal Comitato No alla Centrale a Biomasse, al quale parteciperanno tutte le realtà dell’Agro Caleno da anni impegnate nella difesa del territorio.

 

Le manifestazioni fin qui svolte hanno avuto una buona risposta di partecipazione e la sensibilizzazione delle istituzioni locali, provinciale e regionali sul dramma salute e malattia che si sta consumando nelle province di Caserta e Napoli non passa più sotto silenzio, soprattutto di fronte ai tanti tumori che hanno attaccato buona parte dei cittadini di quelle aree dove per certo si sa che ci sono stati depositi di materiale pericolo per decenni e che necessitano di essere bonificati. Lo slogan della marcia per la vita di domenica 13 dicembre esprime esattamente il pensiero della gente del posto e soprattutto della reale situazione in cui si trova “Siamo morti che camminiamo”, con una citazione testuale di uno dei sacerdoti più attivi e coraggiosi della Campania, in questo ambito: “Preti e laici, medici e pazienti, ricchi e poveri, giovani e vecchi, uniti siamo tutti figli nostra terra. Ci siamo lasciati rapinare il meglio”.

 

Passionisti. 38 anni di sacerdozio di padre Antonio Rungi, missionario passionista

150120132141.jpgantonio1.jpgPadre Antonio Rungi, passionista, domenica 6 ottobre 2013 celebra il 38° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, avvenuta a Napoli il 6 ottobre 1975 per la preghiera e l’imposizione delle mani di mons.Antonio Zama, nella Chiesa dei padri passionisti di Napoli, dedicata a Santa Maria ai Monti, ai Ponti Rossi. Una tappa importantissima per noto religioso passionista della Provincia dell’Addolorata, che ha guidato come superiore provinciale nel quadriennio 2003-2007. Padre Antonio Rungi, padre Antonio dell’Addolorata, religioso e sacerdote passionista  è nato ad Airola (BN) 62 anni fa. Entra tra i Passionisti, all’età di 13 anni, nella Scuola Apostolica di Calvi Risorta (CE) il 4 ottobre 1964. A settembre del 1966, dopo il ginnasio, fa il suo ingresso nel Noviziato passionista di Falvaterra (FR), dove svolge il suo anno di prova, prima della professione religiosa, emessa il 1 ottobre del 1967 nel Ritiro di San Sosio Martire in Falvaterra (Fr). Completati gli studi filosofici a Ceccano (Fr) nel Ritiro della Badia, viene trasferito a Napoli per seguire gli studi di Teologia, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sez. San Tommaso d’Aquino-Capodimonte.

Il 21 novembre del 1974 emette la professione perpetua. Ultimato il quinquennio teologico consegue il Baccellierato in Teologia nel 1975. Il 23 luglio 1975 è ordinato Diacono nella Chiesa S. Maria ai Monti dei Padri Passionisti di Napoli. Il 6 ottobre 1975 nella medesima Chiesa dei Passionisti di Napoli viene ordinato sacerdote dall’allora vescovo ausiliare di Napoli, mons. Antonio Zama, poi diventato arcivescovo di Sorrento-Castellammare.

Negli anni accademici dal 19775/76 al 1977/78 prosegue gli studi per la Licenza specializzata in Teologia, che consegue, nel 1979, presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale con una tesi in Teologia pastorale, indirizzo etico, sul “Verbum Crucis e rinnovamento pastorale” (relatore: prof. Settimio Cipriani, biblista).

I primi anni del suo ministero sacerdotale li svolge nella città di Napoli e nella vicina città di Casoria, come collaboratore del parroco di San Paolo Apostolo. Promuove una serie di iniziative culturali, ricreative e religiose e svolge un’intensa azione pastorale nelle famiglie, tra i giovani, con gli anziani e nella scuola. Memorabile è la sacra rappresentazione della Passione di Gesù nella settimana santa del 1977 nella Piazza di Casoria con circa 200 attori e 10.000 spettatori.

Nel settembre del 1978 è trasferito alla comunità passionista di Mondragone, con l’incarico di collaboratore del parroco. Inizia, così, la lunga ed ininterrotta presenza di Padre Antonio Rungi nella comunità di Mondragone, che durerà fino al 2003, quando fu eletto dal capitolo provinciale, tenuto a Formia (Lt), superiore provinciale della provincia religiosa dell’Addolorata (Basso Lazio e Campania). Mandato ultimato nell’aprile 2007. In questo periodo è stato assistente spirituale del Monastero delle Monache Passioniste di Napoli e Vice-presidente della Cism Campania.

Padre Rungi nel 1982 consegue anche la Laurea in Filosofia all’Università di Napoli, con una tesi in Filosofia della Storia, e, nel 1986, la Laurea in Lettere classiche presso l’Università di Cassino (FR), con una tesi in Storia della Scuola.

Docente di ruolo nelle scuole statali di varie discipline (Lettere, Filosofia, Pedagogia, Psicologia, Scienze umane e sociali), ha insegnato ininterrottamente dal 1978 a tutt’oggi 2013.

Impegno didattico anche nel campo religioso, con l’insegnamento della Teologia Morale  ed altre discipline teologiche ed umanistiche negli Istituti di Scienze religiose di Sessa Aurunca e Teano e nel Magistero di Capua.

Dal 1973 a tutt’oggi ha collaborato, in qualità di giornalista pubblicista, con diverse riviste e giornali, quali l’Osservatore Romano e Avvenire. Dal 1990 al 2011 è stato direttore responsabile della rivista Presenza Missionaria Passionista.

Tra i passionisti ha ricoperto alcuni uffici: vicario, direttore,, membro delle commissioni provinciali apostolato, delegato al Capitolo provinciale, delegato della Cipi, Superiore provinciale. 

Nella diocesi di Sessa Aurunca è stato chiamato a vari uffici e mansioni: membro del consiglio presbiterale, del consiglio pastorale diocesano, vice-segretario del Sinodo Diocesano, presidente della commissione comunicazioni sociali, direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, incaricato diocesano della pastorale del tempo libero, turismo, sport e spettacolo.

Autore di oltre 13.000 articoli di prevalente contenuto religioso, molti sulla vita consacrata, pubblicati su giornali, riviste, siti e blog internet è autore anche di alcuni opuscoli (Chiesa locale e mass-media; Il Servo di Dio Padre Giuseppe Pesci, il Nuovo Rosario Meditato, la Via Crucis, ecc,), Il Rosario di Padre Pio da Pietrecina..

La sua maggiore attività l’ha svolta nel campo missionario: panegirici, tridui, settenari, novenari, collaborazione alle missioni popolari, conferenze, esercizi spirituali al popolo, ritiri spirituali alle Suore, settimane sante, prediche di circostanze, esercizi spirituali ai religiosi e alle religiose, Ritiri mensili al clero diocesano. Assistente spirituale e confessore ordinario e straordinario di vari istituti religiosi femminili. Negli anni 1978-2011 è stato cappellano delle Suore Stimmatine e di Gesù Redentore di Mondragone. Ha predicato gli esercizi spirituali a vari istituti religiosi, ha tenuto il ritiro mensile a tutte le religiose della Diocesi di Sessa Aurunca e dall’arcidiocesi di Gaeta. Continua questo suo specifico ministero nell’attuale comunità di residenza del Santuario della Civita in Itri (Lt).

Nel 2006 è’ stato eletto Vice-presidente della Cism-Campania.

Oggi continua la sua missione nella Chiesa e nella Congregazione dei Passionisti offrendo il suo pieno servizio per la diffusione della Parola della Croce e del Vangelo della Passione, sull’esempio del fondatore dei Passionisti, San Paolo della Croce, con la predicazione itinerante, l’amministrazione del sacramento della riconciliazione, con la direzione spirituale e la predicazione di corsi di esercizi spirituali alle Suore di vari istituti femminili.

Attualmente è confessore ordinario di vari istituti religiosi femminili della Campania e del Lazio. Predica ritiri spirituali mensili o periodici a vari istituti religiosi. Cura la formazione di Suore, di Laici e soprattutto dei giovani con l’insegnamento nella scuola statale.

Un sincero augurio da parte della comunità web a padre Antonio Rungi, anche per il suo impegno nella comunicazione sociale.

 

Lenola (Lt). Iniziato triduo di preparazione alla festa della Madonna del Colle.

DSC08823.JPGDSC08826.JPGE’ iniziato ieri, 11 settembre 2013, il triduo di preparazione alla festa della Madonna del Colle, a Lenola (Lt), protettrice della città, triduo predicato quest’anno da padre Antonio Rungi, missionario passionista del Santuario della Civita. Nella messa della sera delle ore 18,30 al Santuario della Madonna erano oltre 300 persone a partecipare alla solenne liturgia eucaristica, presieduta da padre Rungi e concelebrata dal Rettore-Parroco don Adriano Di Gesù. Padre Rungi ha parlato della riconciliazione, attenendosi alla messa in onore della Madonna, Madre della Riconciliazione. “Non ci sarà vera festa se non ci riconciliamo con la nostra coscienza, con Dio e con gli altri. La Madonna -ha detto il sacerdote – soffre per i nostri litigi, divisioni, conflitti e forme di odio e risentimento che albergano nel nostro cuore. Come manifestò la sua misericordia al servo di Dio Gabriele Mattei, che nutriva nel cuore l’odio e volontà di uccidere, così susciti in noi l’amore per ogni persona, ci spinga ad agire per riconciliarci partendo dai nostri familiari. Bella la festa esterna -ha concluso padre Rungi- ma molto più bella e gradita a Dio e alla Madonna la festa del cuore, la festa di un cuore riconciliato attraverso il sacramento della penitenza e la partecipazione all’eucaristia”.
Oggi, 12 settembre, festa del Nome di Maria, secondo giorno del triduo predicato, padre Rungi celebrerà nuovamente presso il Santuario della Madonna del Colle e terrà l’omelia sulla festa di oggi.
I solenni festeggiamenti proseguiranno domani, venerdì, con l’ultimo giorno di triduo predicato da padre Antonio Rungi, sabato con la messa della vigilia della Madonna del Colle, presieduta dal Rev.mo Padre Ugo Tagni, Abate dell’Ordine Cistercense; domenica la messa solenne presieduta alle ore 11.00 dall’arcivescovo di Gaeta, monsignor Fabio Bernardo D’Onorio alle ore 11.00 e a seguire la processione per le principali vie della città della statua della Madonna del Colle. Immagine che è solennemente esposta nel Santuario e messa alla venerazione del popolo di Dio che in questi giorno, più numeroso, arriva al Santuario per pregare ed affidarsi alla Madre di Dio e chiedere grazie al Signore, mediante la sua potente intercessione, come hanno potuto sperimentare gli abitanti di Lenola in tanti secoli di culto e pietà popolare verso la Madonna del Colle, onore e gloria di questo popolo laborioso e autenticamente mariano. Sono migliaia i fedeli che ogni anno, rientrando anche in paese, che ritornano per partecipare ai festeggiamenti religiosi e civili, organizzato dall’apposito comitato feste, presieduto dal rettore-parroco, don Adriano. Nell’anno della fede, un maggior impulso ad una vera ed autentica devozione mariana è stato dato nel corso della novena e soprattutto del triduo di predicazione tuttora in corso.