P.RUNGI. COMMENTO ALLA XXI DOMENICA – 27 AGOSTO 2017

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XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Domenica 27 agosto 2017

 

Gesù, anche per noi, come per Pietro,

Tu sei il Figlio del Dio vivente,

il nostro Redentore e Salvatore.

 

Commento di padre Antonio Rungi

 

La XXI domenica del tempo ordinario, ci mette di fronte alla grande domanda che pone Gesù anche a noi oggi: “Io chi sono per te?”.

E’ la stessa domanda, che ha posto agli apostoli per sapere quale idea si erano fatti di lui, sia come gente comune, sia come discepoli ed apostoli. La riposta data, dopo un’indagine demoscopica, condotta dagli apostoli, è quella di una pluralità di opinioni e di idee che la gente si era fatto di Gesù: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».

Ma a Gesù non interessa tanto l’opinione pubblica, ciò che pensa la gente o il popolo, va direttamente alla questione centrale del suo rapporto con i discepoli. Per cui, giustamente, chiede: «Ma voi, chi dite che io sia?».

Chiaramente, per evitare una pluralità di opinione tra gli stessi apostoli, prende la parola Pietro e a nome di tutti, dice: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

La professione di fede è chiara, non ammette tentennamenti e dubbi, è precisa anche nella terminologia biblica: “Tu, Signore, sei il consacrato, sei il Figlio di Dio”.

E’ una professione dettata da ispirazione divina e non dalle capacità razionali di Pietro di riflettere e capire chi era davvero Gesù.

E Gesù lo dice con parole molto precise, per far capire a Pietro, il perché lui si è pronunciato in quel modo: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli».

Da questa professione, nasce e si struttura la funzione di Pietro nella Chiesa e il suo ruolo preciso che gli assegna Gesù: «E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

E’ il celebre potere delle chiavi con cui anche nell’iconografia cristiana è rappresentato Pietro, primo degli apostoli e principe del gruppo dei Dodici. Questo potere delle chiavi è stato esplicitato teologicamente e dottrinalmente nel corso dei millenni. Essenzialmente, Gesù, affida a Pietro e quindi ai suoi successori, cioè il Pontefice, il Papa, il Vicario di Cristo sulla terra, di mantenere la comunione e l’unità all’interno della comunità dei credenti.

Non è solo la potestà della confessione, della scomunica, ma il positivo ruolo di creare comunione e di mantenere l’unità nel santo popolo di Dio, che è la chiesa, che è edificato sul solido fondamento degli apostoli. Questi, insieme a Pietro, guidano la chiesa, la reggono, la riformano, la mantengono viva, la fortificano, la correggono, in caso di necessità, e rettificano percorsi sbagliati di credere e di operare da cristiani e come cristiani.

Questo passo del vangelo che risulta essere tra i importanti per legittimare il servizio del Papa nella Chiesa, come Vescovo di Roma e come pastore universale della Chiesa cattolica, il suo primato di servizio e non di autorità, ci fa capire l’importanza di costruire la comunione ecclesiale intorno al pastore universale, il Papa, ai pastori delle chiese locali, i vescovi, ai parroci, responsabili delle comunità parrocchiali, di quella minima porzione del popolo di Dio che è la parrocchia.

La conclusione del brano del Vangelo, presenta una raccomandazione del Signore a Pietro e agli apostoli: “Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo”.

Gesù non vuole che si faccia una campagna pubblicitaria nei suoi confronti da parte di coloro che, più vicini a Lui, ispirati dal cielo, potevano affermare con assoluta certezza di fede, che Egli era il Cristo, il Figlio di Dio.

Vuole che a tale professione di fede, la gente vi arrivi attraverso un cammino interiore, un percorso di vita spirituale e personale che nessuna campagna pubblicitaria poteva far scattare, in quanto la fede è un dono di Dio e se uno lo accoglie, lo vive e lo professa con coraggio e senza paura, anche quando si tratta, come i martiri, di andare al patibolo per questa causa.

Su questo Dio di bontà e misericordia è incentrato il brano della prima lettura di oggi, tratto dal profeta Isaia, che guarda al futuro Re Messia con le insegne della vera regalità divina: “Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre”.

In fondo, è quello che è stata e continua ad essere la missione di Cristo nel mondo.

Missione che l’Apostolo Paolo sintetizza e precisa nel brano della lettera ai Romani, nel versetto finale, che oggi ascoltiamo come seconda lettura: “Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen”.

Gesù Cristo è il centro della storia della creazione e della redenzione, in poche parole della storia della salvezza. E’ il Figlio di Dio, venuto su questa terra per ridare all’uomo dignità, libertà e speranza, perdute a causa del peccato originale, a causa del vecchio Adamo.

Sia questa la nostra umile preghiera, espressa nel salmo responsoriale di questa domenica XXI del tempo ordinario, con il pensiero costantemente rivolto ai tanti drammi dell’uomo moderno, specialmente di questi giorni, tra terrorismo e terremoti avvenuti o semplicemente ricordati: “Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. Non agli dèi, ma a te voglio cantare, mi prostro verso il tuo tempio santo. Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà: hai reso la tua promessa più grande del tuo nome. Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza. Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile; il superbo invece lo riconosce da lontano. Signore, il tuo amore è per sempre: non abbandonare l’opera delle tue mani.

P.RUNGI. COMMENTO ALLA XXI DOMENICA – 27 AGOSTO 2017ultima modifica: 2017-08-23T11:29:29+02:00da pace2005
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