PRIMA DOMENICA DI AVVENTO 2016. COMMENTO DI PADRE ANTONIO RUNGI

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Prima Domenica di Avvento

Domenica 27 NOVEMBRE 2016

Avvento: tempo di misericordia e di gioiosa attesa

Commento di padre Antonio Rungi

 

Con questa prima domenica di Avvento 2016 inizia il nuovo cammino spirituale dell’anno liturgico 2016/2017. L’Avvento è un tempo di grazia particolare che il Signore ci dona ogni anno, per prepararci degnamente all’annuale festa liturgica del Salvatore. Come tutti i cammini, specialmente quelli spirituali, hanno una meta da raggiungere, non solo nel tempo, ma nel cuore, nella mente e nello spirito.

Questo Avvento 2016 ha un valore speciale, in quanto da poco si è concluso l’anno giubilare della misericordia, ed ha una precisa meta da raggiungere: quella di applicare nella vita di tutti i giorni i frutti dell’anno giubilare.

E l’Avvento, essendo un tempo forte dell’anno liturgico, è un tempo di misericordia e di riconciliazione speciale per tutti.

Papa Francesco nella sua lettera apostolica “Misericordia et misera” pubblicata a conclusione dell’anno giubilare, scrive, nella parte iniziale: L’anno santo è stato “un tempo ricco di misericordia, la quale chiede di essere ancora celebrata e vissuta nelle nostre comunità. La misericordia, infatti, non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo. Tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre”.

Nella preghiera iniziale di questa domenica, la colletta, ci rivolgiamo al Signore con queste significative parole del cuore: O Dio, Padre misericordioso, che per riunire i popoli nel tuo regno hai inviato il tuo Figlio unigenito, maestro di verità e fonte di riconciliazione, risveglia in noi uno spirito vigilante, perché camminiamo sulle tue vie di libertà e di amore fino a contemplarti nell’eterna gloria”. Avvento, quindi, come tempo di riconciliazione e perdono, sospinti in questo cammino di conversione dalle parole stesse di Gesù Cristo nella sua prima venuta tra noi.

La venuta di Cristo è l’arrivo del volto misericordioso di Dio Padre che in Gesù Cristo, Verbo Incarnato ci mostra tutta la tenerezza di un Dio che è perdono ed amore.

La Parola di Dio di oggi mette in risalto soprattutto questo aspetto positivo della venuta del Signore, quella definitiva, dal momento che una prima storica e salvifica venuta si è celebrata nella sua nascita di 2016 anni fa e si è completata con l’ascensione a cielo dopo la morte in croce e la risurrezione.

Il profeta Isaia nella prima lettura di oggi ci ricorda e ci prepara al senso di questa venuta: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri».

La venuta del Signore è vista come cambiamento radicale delle persone e delle istituzioni. Un’attesa carica delle cose più belle che possiamo immaginare per noi, per gli altri per l’umanità intera, come ci ricorda la bellissima prima lettura di oggi, tratta dal Profesta Isaia, il profeta dell’Avvento, che inneggia alla venuta del Messia: “Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra”.

Questa visione di gioia, di serenità, di tranquillità che ci viene proposta dalla parola di Dio ha significato, in quanto la venuta del Signore che già celebriamo nel mistero e quella di cui siamo in attesa, la definitiva, non possono non donarci pace e serenità.

Scrive Papa Francesco a proposito dello stretto rapporto tra misericordia e gioia: “La misericordia suscita gioia, perché il cuore si apre alla speranza di una vita nuova. La gioia del perdono è indicibile, ma traspare in noi ogni volta che ne facciamo esperienza. All’origine di essa c’è l’amore con cui Dio ci viene incontro, spezzando il cerchio di egoismo che ci avvolge, per renderci a nostra volta strumenti di misericordia. Come sono significative anche per noi le parole antiche che guidavano i primi cristiani: «Rivestiti di gioia che è sempre gradita a Dio e gli è accetta. In essa si diletta. Ogni uomo gioioso opera bene, pensa bene e disprezza la tristezza […] Vivranno in Dio quanti allontanano la tristezza e si rivestono di ogni gioia».[2] Fare esperienza della misericordia dona gioia. Non lasciamocela portar via dalle varie afflizioni e preoccupazioni. Possa rimanere ben radicata nel nostro cuore e farci guardare sempre con serenità alla vita quotidiana. In una cultura spesso dominata dalla tecnica, sembrano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine in cui cadono le persone, e anche tanti giovani. Il futuro infatti sembra essere ostaggio dell’incertezza che non consente di avere stabilità. È così che sorgono spesso sentimenti di malinconia, tristezza e noia, che lentamente possono portare alla disperazione. C’è bisogno di testimoni di speranza e di gioia vera, per scacciare le chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali. Il vuoto profondo di tanti può essere riempito dalla speranza che portiamo nel cuore e dalla gioia che ne deriva. C’è tanto bisogno di riconoscere la gioia che si rivela nel cuore toccato dalla misericordia. Facciamo tesoro, pertanto, delle parole dell’Apostolo: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4; cfr 1 Ts 5,16).

Ora nella certezza che Cristo ci ha salvato e nella sicurezza che verrà a giudicare i vivi e i morti, camminiamo nel tempo in attesa di incontrare per sempre il nostro Signore.

Prepararsi significa vigilare su noi stessi, sulla nostra condotta che non può essere contrassegnata dalla tristezza e dalla sofferenza perenne, ma dalla gioia che viene dal Signore, anche se questa gioia è la stessa parola della croce.

Su questo stesso tono si colloca la seconda lettura di oggi, tratta dalla lettera ai Romani di San Paolo Apostolo: “E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti…Perciò gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità, non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo”.

Svegliarsi dal sonno, dal torpore del cuore e dell’anima, di una vita spirituale senza entusiasmo e gioia, per fare spazio alla luce, alla vitalità, mettendo da parte tutte quelle umane debolezze che ci fanno fermare nel cammino della conversione, purificazione e santità.

Gesù che viene è speranza nuova per tutti gli uomini e ricarica spirituale per tutti i cuori che cercano Dio con semplicità e umiltà.

E Gesù stesso nel testo del Vangelo di Matteo di questa domenica ci spinge verso una nuova visione della nostra esistenza umana, rammentando quello che accadde ai tempi di Noè, quando le persone erano distratte da altre cose e non pensavano a Dio e al loro vero bene: «Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata”.

La vita è anche questo, ma non è solo questo. Da qui la necessità di vigilare, pregare e rinnovarsi nel comportamento  individuale e collettivo. Il Vangelo, infatti, ci ammonisce: “Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

Carissimi, con Papa Francesco, ricordiamo che “ogni domenica, la Parola di Dio viene proclamata nella comunità cristiana perché il giorno del Signore sia illuminato dalla luce che promana dal mistero pasquale. Nella celebrazione eucaristica sembra di assistere a un vero dialogo tra Dio e il suo popolo. Nella proclamazione delle Letture bibliche, infatti, si ripercorre la storia della nostra salvezza attraverso l’incessante opera di misericordia che viene annunciata. Dio parla ancora oggi con noi come ad amici, si “intrattiene” con noi per donarci la sua compagnia e mostrarci il sentiero della vita. La sua Parola si fa interprete delle nostre richieste e preoccupazioni e risposta feconda perché possiamo sperimentare concretamente la sua vicinanza.

 

 

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO 2016. COMMENTO DI PADRE ANTONIO RUNGIultima modifica: 2016-11-26T10:29:59+01:00da pace2005
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