Commento alla parola di Dio di padre Antonio Rungi – Domenica 19 ottobre 2014

davide027

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

19 OTTOBRE 2014

L’IPOCRISIA DEI FALSI GIUSTI

Commento di padre Antonio Rungi

La parola di Dio di questa XXIX domenica del tempo ordinario mette davanti a noi il tema dell’ipocrisia. Una parola e soprattutto un atteggiamento di vita ben conosciuto da tutte le culture e ben sostenuto al tempo di Gesù dai farisei e da coloro che volevano apparire giusti e perfetti e che non lo erano affatto.

Gesù, nel testo del Vangelo di oggi, cogliendo l’occasione proprio da parte di coloro che gli vengono a chiedere una sua opinione e un suo parere se era giusto o meno pagare le tasse, egli sottolinea l’importanza di essere onesti nel campo morale e religioso, ma anche nel campo sociale, economico e politico.

I farisei e gli erodiani, due gruppi per nulla credibili ed attendibili da un punto di vista morale, di fronte alla risposta saggia ed oculata del maestro devono prendere atto della loro superficialità e della loro inconsistenza.

Solo parole e solo pesi per gli altri, ma loro non erano capaci di muovere un dito neppure per il bene della comunità. Figuriamoci se erano propensi a pagare tasse e decime ai chi riscuoteva le tasse nel nome del popolo romano e di Cesare. Volevano che fossero gli altri a farlo, ma loro no. I primi evasori fiscali li troviamo proprio in questo periodo. Gesù invece vuole che tutti osservino le leggi e paghino il dovuto allo Stato nella speranza che venga utilizzato per il bene della comunità. Leggiamo il brano del Vangelo di Matteo che risulta essere di grande attualità anche nei comportamenti di molti, soprattutto nella politica, nell’economia e nel sociale: “In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.  Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Il messaggio di questo brano è chiaro. Bisogna uscire dall’ambiguità, dalla settorializzazione delle questioni. Ogni problema economico e sociale è anche un problema morale e religioso.

Le regole sono precise: dare a Dio ciò che spetta al Dio come culto e rispetto della religione e dare allo Stato ciò che spetta allo Stato senza commistioni di ruoli, ma in sintonia nel cercare il vero, il bene e l’utile per tutti.

Perciò giustamente i messi dei farisei e degli erodiani mettono subito in chiaro la posizione di Gesù Maestro che è veritiero ed insegna la verità secondo Dio, ma il loro intento era di farlo cadere in qualche contraddizione per trovare il modo di accusarlo di operare contro i romani. Ma Gesù risponde nella verità e alla luce della giustizia sociale. Migliore insegnamento non potevano avere da quel Maestro, che li taccia di malizia ed ipocrisia.

Quanto sia attuale questo argomento anche nel mondo della chiesa e di quanti si professano cristiani nel sociale e nella politica, lo comprendiamo alla luce del magistero di Papa Francesco che su questo argomento è tornato spesso nei suoi discorsi, omelie e catechesi. L’ipocrisia è il linguaggio proprio della corruzione, egli afferma. I cristiani non debbono usare “un linguaggio socialmente educato”,  incline “all’ipocrisia”, ma farsi portavoce della “verità del Vangelo con la stessa trasparenza dei bambini”. I farisei che si avvicinano a Gesù tanto amabilmente, sono gli stessi che nel giovedì santo andranno a prenderlo nell’Orto degli Ulivi, e il venerdì lo trascineranno davanti a Pilato. I farisei si rivolgono a Gesù «con parole morbide, con parole belle, con parole troppo zuccherate», «cercano di mostrarsi amici». Ma è tutto falso. Questi non amano la verità ma soltanto se stessi, e così cercano di ingannare, di coinvolgere l’altro nella loro menzogna, nella loro bugia. Loro hanno il cuore bugiardo, non possono dire la verità. È proprio il linguaggio della corruzione, l’ipocrisia. L’ipocrisia non è un linguaggio di verità, perché la verità mai va da sola. Mai! Va sempre con l’amore! Non c’è verità senza amore. L’amore è la prima verità. Se non c’è amore, non c’è verità. Questi vogliono una verità schiava dei propri interessi. C’è un amore in loro, possiamo dire: ma è l’amore di se stessi, l’amore a se stessi. Quell’idolatria narcisista che li porta a tradire gli altri, li porta agli abusi di fiducia».  Verità, giustizia, amore, rispetto delle regole vanno di pari passi nella vita di ogni cristiano e di ogni uomo di buona volontà.

Nel brano della prima lettura di oggi, tratto dal libro del profeta Isaia, ascoltiamo queste parole di speranze rivolte al popolo santo di Dio e che diventano le nostre parole e la nostra speranza nell’oggi della Chiesa: “Per amore di Giacobbe, mio servo, e d’Israele, mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo,  ebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c’è alcun altro, fuori di me non c’è dio; ti renderò pronto all’azione, anche se tu non mi conosci, perché sappiano dall’oriente e dall’occidente che non c’è nulla fuori di me. Io sono il Signore, non ce n’è altri».

Da una parte un Dio che ama e dall’altra un popolo indifferente a questo amore, distratto e preso da altri pensieri ed interessi che non sono quelli del Signore. Quanto cammino c’è da compiere anche oggi nella chiesa per far sì che la fede Dio sia davvero al centro della nostra vita e delle nostre azioni.

Cosa che Paolo invece ha compreso perfettamente, dopo la conversione, impegnandosi a vivere secondo quanto egli stesso afferma nel brano della seconda lettura della liturgia di oggi, tratta dalla lettera ai Tessalonicesi: “Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro. Sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati scelti da lui. Il nostro Vangelo, infatti, non si diffuse fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito Santo e con profonda convinzione”.

Un altro Paolo, della Croce, fondatore dei Passionisti, di cui oggi celebriamo la festa liturgica, a distanza di 1700 anni comprese perfettamente come bisogna vivere e quali scelte radicali per il Signore si dovevano fare per essere in pace con se stesso, con Dio e con gli altri: la scelta del donarsi per amore, del distacco da ogni cosa per servire la causa del vangelo e la causa dei poveri.

Sia questa la nostra sincera ed umile preghiera in questo giorno di festa per tutti e specialmente per i Passionisti che oggi ricordano il loro santo Fondatore, San Paolo della Croce: O Padre, a te obbedisce ogni creatura nel misterioso intrecciarsi delle libere volontà degli uomini; fa’ che nessuno di noi abusi del suo potere,  ma ogni autorità serva al bene di tutti, secondo lo Spirito e la parola del tuo Figlio,  e l’umanità intera riconosca te solo come unico Dio”.

Commento alla parola di Dio di padre Antonio Rungi – Domenica 19 ottobre 2014ultima modifica: 2014-10-15T00:21:23+02:00da pace2005
Reposta per primo quest’articolo